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NIENTE REINTEGRA NEL POSTO DI LAVORO SE ECCESSIVAMENTE ONEROSA PER L’AZIENDA

11 Ottobre 2018

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La Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 10435 del 2018, si è espressa in tema di tutela reale “reintegratoria” in caso di “manifesta infondatezza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo”, chiarendo per la prima volta la portata applicativa del comma 7 dell’articolo 18 come novellato dalla Legge Fornero del 2012.
La fattispecie riguardava il licenziamento di un dipendente avvenuto nell’ambito di una riorganizzazione aziendale di un’impresa che aveva esternalizzato le attività grafiche svolte dal dipendente sopprimendo di fatto il suo posto di lavoro. L’azienda dunque aveva licenziato il lavoratore senza però verificare la possibilità di reimpiego in altri settori. Peraltro, in quello stesso periodo, erano state effettuate delle nuove assunzioni.
Per il Tribunale e la Corte d’Appello il licenziamento era sì illegittimo ma la tutela si configurava soltanto risarcitoria e non reintegratoria. La Suprema Corte, pur confermando l’illegittimità del licenziamento e la tutela risarcitoria, respingeva la richiesta del lavoratore di essere reintegrato nel posto di lavoro e con l’occasione ribadiva il principio di diritto secondo cui la verifica del requisito della manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento deve riferirsi non a uno ma ad entrambi i presupposti di legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo. La verifica quindi deve investire sia le ragioni inerenti l’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro e il regolare funzionamento di essa sia l’impossibilità di ricollocare altrove il lavoratore.
In particolare, la Suprema Corte precisa che la manifesta insussistenza va riferita ad una evidente, e facilmente verificabile sul piano probatorio, assenza dei suddetti presupposti giustificativi del licenziamento.
Occorre però evidenziare che il licenziamento fondato su fatti manifestamente insussistenti può essere assoggettato a sanzioni diverse: la reintegrazione nel posto di lavoro (comma 4 art.18 Stat.Lav.) oppure il risarcimento del danno (comma 5 art.18 Stat. Lav.), ma la legge non fornisce alcuna indicazione per stabilire in quali occasioni il Giudice possa applicare un regime piuttosto che l’altro.
La sentenza in esame si pregia di aver individuato il criterio che consente al Giudice di valutare quale regime sanzionatorio applicare, criterio che si rinviene dal concetto di eccessiva onerosità della prestazione ai sensi dell’art. 2058 c.c. secondo cui “il Giudice può disporre il risarcimento per equivalente se la reintegrazione in forma specifica risulti eccessivamente onerosa” per il datore di lavoro.
Ne deriva che a fronte di un licenziamento illegittimo il Giudice, nella scelta del regime sanzionatorio da applicare, dovrà prendere in considerazione l’assetto aziendale esistente al momento della decisione e valutare se la reintegra nel posto di lavoro risulti eccessivamente gravosa per il datore di lavoro.
In quest’ultima ipotesi, alla luce del potere discrezionale espressamente riconosciutogli dall’art.18 dello Statuto dei Lavoratori, il Giudice potrà applicare la tutela risarcitoria.

 

 

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