giovedì, 25 Luglio 2024
Con sentenza n. 11027 del 05.05.2017 la Corte di Cassazione ha ribadito l’illegittimità del licenziamento per giusta causa per insubordinazione, nel caso in cui un dipendente si rivolga in modo offensivo nei confronti di un suo superiore fuori dall’orario di lavoro.
A norma dell’art. 2119 c.c. “ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l’indennità indicata nel secondo comma dell’articolo precedente. Non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto il fallimento dell’imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell’azienda.”
Il caso preso in analisi dalla sentenza in oggetto è quello di un lavoratore licenziato nel luglio 2012 poiché prima dell’inizio del turno di lavoro, a seguito di un forte diverbio con il suo datore, lo offendeva duramente.
Per tale ragione, il lavoratore impugnava il summenzionato provvedimento davanti al Tribunale di Velletri e dopo il rigetto della propria domanda da parte di quest’ultimo, si rivolgeva alla Corte di Appello di Roma.
I giudici di seconde cure, in totale riforma della sentenza di primo grado, dichiaravano illegittimo il licenziamento disciplinare intimato dalla società, ordinando la reintegra del dipendente nel posto di lavoro ex art. 18 legge n. 300 del 1970, oltre al risarcimento economico.
Avverso tale sentenza, la società proponeva ricorso per cassazione ribadendo che l’episodio in questione fosse da considerare come una insubordinazione del lavoratore, tale da ledere irrimediabilmente il rapporto di fiducia.
La Suprema Corte rigettava il ricorso della società, sottolineando che un tale comportamento posto in essere al di fuori dell’orario lavorativo, seppur nei locali aziendali, non può essere considerato come una insubordinazione, poiché i vincoli gerarchici tra le persone, per forza di cose, non si estendono anche al di fuori del rapporto di lavoro.
Per tali motivi, la Cassazione condannava la società a pagare le spese di giudizio di legittimità.
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