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PIGNORAMENTO E CESSIONE VOLONTARIA

23 Maggio 2017

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L’autorità giudiziaria provvede alla tutela dei diritti dei singoli attraverso l’esercizio dei “poteri” riconosciuti in capo a quest’ ultimi, i quali possono esercitarlo attraverso la preposizione della domanda all’autorità competente.

L’esecuzione forzata tende a realizzare coattivamente il soddisfacimento delle pretese creditorie fondate su un titolo a cui la legge riconosce efficacia esecutiva – sentenza, titoli di credito ed altro atto ricevuto da Notaio o da altro Pubblico Ufficiale. L’esecuzione forzata in forma generica si suddivide in: espropriazione mobiliare presso il debitore, espropriazione immobiliare, espropriazione di beni indivisi, espropriazione contro il terzo proprietario ed espropriazione presso terzi.

Chi dispone di un titolo esecutivo per un credito certo, liquido ed esigibile, può realizzare esecutivamente il proprio vanto. Nel caso del pignoramento presso terzi l’espropriazione ha ad oggetto beni mobili del debitore che sono in possesso di terzi o crediti del debitore verso terzi, ossia beni di cui il debitore stesso non né può disporre direttamente, determinando la necessità di coinvolgere nella procedura un soggetto terzo estraneo al rapporto creditore-debitore.

Attraverso questa procedura è possibile procedere al pignoramento dei crediti, attraverso la notifica dello stesso al datore di lavoro o presso l’istituto bancario presso il quale viene depositato lo stipendio.

A seguito della notifica del pignoramento al datore di lavoro del debitore, quest’ultimo avrà l’obbligo di rendere al creditore una dichiarazione ove dovrà essere specificata di quali somme è debitore (nei confronti del proprio dipendente) e quando ne dovrà eseguire il pagamento. L’entità delle somme che il datore di lavoro dovrà trattenere sarà pari a 1/5 delle stipendio netto; dette somme saranno versate direttamente al creditore fino al suo completo soddisfo.

Differente dal pignoramento è la cessione volontaria che rappresenta una particolare tipologia di prestito personale. Il lavoratore ottiene un finanziamento e si impegna a restituirlo attraverso l’addebito diretto della rata sulla propria busta paga o pensione (se pensionato).

L’importo massimo della rata da rimborsare del prestito non può superare il 20% dello stipendio mensile netto continuativo e la durata non può eccedere i 120 mesi, o comunque il termine del rapporto di lavoro. Quindi cosa accade quando la cessione del quinto viene a coesistere con il pignoramento dello stipendio?

Può verificarsi l’ipotesi che sul medesimo debitore si cumuli la cessione e il pignoramento, ossia quando la cessione della retribuzione è posta in essere dal lavoratore dopo un pignoramento; oppure il caso in cui la cessione è stata perfezionata anteriormente ad un pignoramento.

Nel primo caso l’art. 68 d.p.r. 180/1950 sancisce che quando preesiste un pignoramento, la cessione della retribuzione non può eccedere la differenza tra i 2/5 della retribuzione (al netto delle trattenute) e la quota colpita dal pignoramento.

Nel secondo caso, invece, i successivi pignoramenti sono consentiti solo per la differenza tra la metà dello stipendio e la quota già ceduta al lavoratore.

Alla luce di quanto sopra esposto si ritiene necessario fornire alcune indicazioni operative per la corretta gestione da parte delle aziende:

  1. eventuali richieste pervenute da Istituti bancari al datore di lavoro prima della notifica del contratto di cessione, non impongono al datore di lavoro alcun obbligo;
  2. all’azienda non è richiesto sottoscrivere certificati di cessione dello stipendio, ne il c.d. “atto di benestare”, dato che il datore di lavoro è tenuto soltanto a ricevere la notifica e non anche o sottoscrivere atti;
  3. se il medesimo credito abbia formato oggetto di più cessioni a diverse società finanziarie, prevarrà la cessione notificata per prima al datore di lavoro, in tal caso, l’azienda dovrà comunicare la precedente cessione alle società finanziarie.
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